70 – Borocay – Filippine

Filippine? No grazie !

Contrariamente al solito, non mantengo l’ordine cronologico dei nostri scambi casa e salto la bellezza di altri 42 viaggi. Perché è successo un fatto per noi anomalo.

Ci piace tanto andare al mare, soprattutto in inverno. Riduce gli incipienti raffreddori, non azzera il colore ambrato conquistato al lago in estate e comunque ci fa star bene.

Ci andiamo con Grazia ed Enzo e ci raggiungerà l’ultima settimana anche Ram l’amico Indo Californiano che è già venuto con noi altre 12 volte.

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A dire il vero eravamo già stati nelle Filippine nel lontano 1985. Esperienza disastrosa. Eravamo stati praticamente segregati per 10 gg in un isola, Sicogon.

Amici ci avevano detto di evitare il paese ma, l’agenzia Franco Rosso (con le madonne che gli abbiamo tirato qualche anno dopo sarebbe fallita 😉 ) ci convinse a provare quest’isola meravigliosa con maneggio, palestra, aereo privato per raggiungerla ecc. ecc.

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In realtà era un Sheraton declassato, causa i topi nelle camere. La piana vicina era paludosa quindi, spruzzata giornaliera contro le zanzare con puro DDT e la cucina locale esclusiva, constava di maiale bollito su fornelli a kerosene e ananas in scatola.

La spiaggia era bellissima (e raggiungibile dopo 5 Km in un residuato bellico americano Willis nella giungla). Il volo di ritorno verso Tokyo in overbooking con Swissair (anche questa poi per fortuna fallita 😀 ) ci costrinse a rimanere 3 gg in più e acquistare un altro biglietto di prima classe solo per scappare.

Potrei scrivere un libro su questa antica pessima esperienza, ma lasciamo andare.

Dopo 31 anni ci riproviamo con uno scambio, una bella casa a nord dell’Isola di Borocay, se la cercate su Google è descritta come isola paradiso, da non perdere.

Questa è la cartolina che vi propongono.

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e questo è lo stato reale …

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Cari amici, dopo 70 cambi casa in 13 anni tutti conclusi benissimo, questa volta non è andata e ancora è successo alle Filippine.

Per arrivare all’isola i voli non coincidono 😦 e ci tocca dormire una notte a Manila. Se vi lamentate della qualità dell’aria nelle nostre città pensate a Manila… 20 milioni di abitanti e traffico quasi sempre fermo.

Alloggiamo in linea d’aria a 50 metri dall’aeroporto, ma c’è di mezzo una doppia autostrada, quindi 45 minuti di strada in taxi.

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Per cenare c’è solo un enorme centro commerciale con ricchi negozi di designer europei ed un casinò gigantesco. I ristoranti sono solo dentro al casinò. Incredibile la popolazione dei giocatori. Probabilmente generazioni di perdenti hanno piagato i volti degli avventori che giocano.

Tourist and casino players arrive at the grand opening of the City of Dreams mega-casino in Manila on February 2, 2015. Six gleaming golden towers surrounding a giant egg-shaped dome opened as the Philippines' newest playground for the obscenely rich on February 2, dwarfing the capital's vast slums. AFP PHOTO / Jay DIRECTO

Al centro dell’hangar un enorme roulette elettronica con centinaia di posti attorno, brucia patrimoni senza nemmeno la soddisfazione di vedere una pallina di avorio sintetico saltellare romanticamente dal rosso al nero.

Il cibo è presentato in stile decoration, tonno crudo in bellavista, ma quella cremina che sovrasta il tonno è purissima maionese Calvè. :-p

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Al mattino dopo taxi 1 ora per fare 1 Km fino al terminal 4 😦

1 ora fino a Kalibo, altre 2 ore e 2.000 pesos in un van senza sospensioni, per arrivare al porto di Jetty, 25 + 75 + 100 pesos in biglietti, da comprare in 3 diversi botteghini in una hall dotata di gaia orchestrina, ci riceve Marilù con le chiavi di casa.

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Mancia di qua, mancia di là, poi 650 pesos per attraversare l’isola, più le mance agli autisti per fermarsi al mercato.

Arriviamo così in fondo a un viottolo tra le case poverissime.

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L’accesso, tra due miseri cancelli, è un penoso, lunghissimo, incredibile corridoio largo 70 centimetri, che delimita una scalinata diroccata, scavata tra rifiuti e macerie. Previa mancia qualcuno ci porta le valigie.

La baia più bella dell’isola, sulla quale si affaccia la casa è completamente occupata da un enorme cantiere che lavora fino a mezzanotte. E’ il cantiere che ha chiuso l’accesso alla casa e anche alla spiaggia. I padroni sono in causa con i costruttori, ma non ce lo hanno detto.

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Impensabile restare qui, non c’è neppure un collegamento wifi. Ci mettiamo 2 giorni ad avvisare gli amici che avevamo invitato e riorganizzare, trovare alberghi eccetera. Il nostro unico mezzo di comunicazione, una SIM filippina che ci garantiva una velocità nominale di 32 Kb, mai raggiunti neppure di notte.

Dopo tanti anni e tanti viaggi non ci perdiamo d’animo e riusciamo a scappare. Certo la casa era pure bella e moderna, ma assolutamente inservibile.

Troviamo posto in 3 alberghi differenti, è alta stagionee non sono economici. Sarebbero anche belli, ma non avevamo previsto di averne bisogno.

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Per me è solo una constatazione, le Filippine sono un paese bellissimo, ma bacato da radici putride. Su una base cattolica lasciata in eredità dei bigotti dominatori Spagnoli, l’esercito americano ha costruito una società postribolare che desse supporto ai milioni di combattenti maschi contro Giappone e Corea.

Il risultato, dopo favolosi decenni di dittature e democrazie discutibili, è un sistema intricato di mafie che corrodono tutto. I poveri sono sempre più poveri e tirano a campare.

In un paese baciato dal sole, 7000 isole e un potenziale turistico immenso, le costruzioni selvagge occupano ogni metro quadro possibile.

La povera ma gustosa cucina casalinga lascia il posto ad hamburger all’ananas, patatine fritte umidiccie, qualche raro pesce stracotto mahi-mahi e tilapia da allevamento. Non c’è più pesce nel mare e la pesca sarebbe proibita.

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Per i più abbienti, carissimi gamberoni tigre dagli allevamenti Thai, aragoste giganti morte da tempo o grassi spiedini di carni indefinite. Il manzo viene dagli USA.

Del maiale si vede solo la pancetta, chorizo e salsicce colorate. Polletti seccarelli, pane sempre molliccio e riso bianco cotto senza sale.

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I resort internazionali vendono il massaggio a 3.500 pesos. In città si paga 1.000, sulla spiaggia 500, nelle vie dietro 250.

Il fatto è che le massaggiatrici, spesso non molto più che signore spalmacrema, lo fanno per 150 pesos, circa 3 dollari per un ora. Il resto va agli intermediari.

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Un chiringuito sulla spiaggia del nord, l’unica rimasta per ora intatta, deve pagare il 30% del venduto ai gestori delle barche che scaricano i cinesi lì davanti. I barcaioli pagano la metà dell’incasso ai padroni delle barche, che pagano il diritto di affitto ai proprietari della spiaggia dove lasciano le barche di notte.

Lo stesso succede per i motorini con sidecar da trasporto, che pagano la percentuale ai mafiosi che presidiano la strada per il diritto di caricare i turisti. 10 pesos per i locali e 150 per i turisti. E così via.

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Ma noi ci divertiamo lo stesso, bagni, camminate sulla lunghissima e bianca spiaggia afffollata di gente e castelli di sabbia. 😎

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Chiacchierate con gli amici. Ci guardiamo qualche film che ci siamo portati sull’airbook.

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Vicino all’albergo di Grazia ed Enzo troviamo una spiaggetta con poca gente perchè difficile da raggiungere e allora facciamo perno lì intorno. Qualche banana, qualche massaggio e tanti bagni. Basta ridurre le pretese.

Non avendo casa andiamo al ristorante lungo la spiaggia…

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o al D’Mall al centro della white beach piena di negozi di cineserie e di souvenir.

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Ram ci introduce alle ultime scoperte sulle tecniche di Mindfullness, in italiano Consapevolezza, che sta rivoluzionando gli studi sulla mente umana.

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E’ pieno di Cinesi e di Coreani che si fanno selfie, che si fotografano a vicenda, che si riprendono in gruppo. In ogni area di venti di metri quadri ci sono almeno 30 scatti al minuto.

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Tutti uguali, con le dita a mimare una V per … vittoria??? O che altro?

Poi una foto con il saltino, poi le mani a cuore, poi una serie infinita di smorfie e ammiccamenti in varie posizioni di mani e corpo a mimare quelle rese famose dalle copertine dei giornali glamour. Le coppie di sposini vengono qui per farsi fotografare al tramonto tra alberi spogli.

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Ah! e quasi tutti hanno l’iPhone 6s plus, colore DORATO. Tutto va online sui profili social. 😦

I Coreani sono i più eleganti (e i più coperti) con tutine complete che lasciano libero solo il volto, schermato però da cappelli a larga tesa. Ci fanno pure il bagno, indossando anche una cintura di salvataggio con galleggiante incorporato, una maschera subaquea dotata di videocamera GoPro e snorkel in mezzo alla fronte.

Innumere barche a bilanciere raccolgono migliaia di turisti al giorno e li portano a duecento metri di distanza dalla riva, per fare snorkeling o addirittura immersioni con bombole a ben 3 metri di profondità dove una volta c’era la barriera corallina.

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Ah! Dimenticavo, come a Venezia (sigh!) ogni giorno arrivano un paio di navi da crociera che scodellano 5/6.000 turisti in più che spariranno all’ora di cena.

Poi non dite che non ve lo avevo detto!

Alla prossima …

 

27? – Pula – Sardegna

27? – Pula

Settembre 2008

Questo della Sardegna non fu un scambio diretto, fu trasversale, tramite gli amici che conoscemmo in India nel 2004.

Nel senso, la casa data in cambio non fu la nostra, ma quella di Ram e Denise.

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Già allora la nostra offerta di scambio non includeva solo la nostra casa qui al lago, comprendeva anche una villa a Palo Alto, una grande casa a Bangalore e un cabin a Twain Harte nella Sierra Mountain. 😀

Gli isolani, padroni di casa parlavano poco inglese e Monique fece le traduzioni per facilitare lo scambio tra Pula e Palo Alto.

OK dopo l’esperienza non entusiasmante di Cipro vedremo il confronto a breve distanza (temporale) con la Sardegna. 😀 😀 😀 😀 😀

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Ci andiamo in motocicletta, la nostra fida BMW. Ferry da Genova a Porto Torres senza cabina (era tutto prenotato) poi tutta l’isola fino al sud.

Arriviamo al porto alle 8 del mattino e scendendo passiamo da Stintino. La spiaggia della Pelosa è quasi deserta, l’acqua limpidissima, facciamoci un bagno, aaah! Poi ci sdraiamo al sole, bellissimo.

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Ci svegliamo un paio d’ore dopo in mezzo ai bambini che urlano, la mamme che urlano ai bambini e i nonni  che bagnano solo i piedi con i calzoni arrotolati, scappiamo ! 😎

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Arriviamo per l’ora di cena, gli amici sono già al ristorante, li raggiungiamo solerti.

Niente di speciale, solo antipasti di mare caldi e freddi, bottarga di muggine come se piovesse, fregula sarda con qualche conchiglietta,

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beh! allora saltiamo il secondo…

…solo qualche dolcetto, giusto per gradire. 😀

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Bella casa, ampia e molto godibile con giardino e frutteto in riva al mare, vicino alla foce del torrente, Pula pure lui.

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Siamo proprio dietro alle rovine della città romana di Nora e lì vicino c’è pure una bella spiaggia + annesso ristorante + spa e massaggi, ci si va anche a piedi 😎

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Il mercato ci fornisce di verdure, per la frutta basta il giardino, per il pesce se il pescivendolo locale non basta, si va al mercato San Benedetto di Cagliari.

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Direi che per quanto riguarda gli approvvigionamenti di base ci siamo. 😉

Ma non ci stanchiamo mai di andare al mare, trovare posti dove mangiare e bere bene e riposarci delle fatiche della vita?

NO!

Amici di amici di Ram (un giro di professori di Stanford) ci invita a provare una nuova barca a Villasimius.

PRONTI.

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Barca nuova nel senso che quando l’abbiamo provata era ancora unica. Praticamente automatica.

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Gli skipper giovani e gentilissimi stavano in plancia solo per sicurezza. Manovre di vela automatizzate.

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Va ‘bbe, ma a parte il vento e l’elettronica di bordo, ci attendeva anche un picnic di prodotti locali…

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Ci siamo fermati per il bagnetto, nella rada che ospita la casa di Renato Soru, sì quello di Tiscali, ex presidente della regione; ora è in vendita per soli 24 milioni. Tempi duri anche per i super ricchi.  😛

Luuungoooo bagno e rientro a casa per cena.

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Sì con l’orto a disposizione è bello arrostire dei bei peperoni polposi, raccogliere la frutta e farci marmellate a Km zero per la colazione.

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Aggiungiamo solo solo un secondo con un paio di aragoste  femmina (non comuni astici che vanno bene per i turisti). Le ho comprate lungo la strada, cucinate alla catalana con pomodorini sardi e cipolla.

L’Italia è una vera miniera di ottimi cibi, che all’estero pochissimi conoscono e la Sardegna non si smentisce affatto. Prendiamo i primi. Tutti conoscono la pasta italiana: spaghetti, maccheroni, ravioli, tagliatelle, lasagne ecc. ma quanti (pure italiani) conoscono le molteplici paste fresche di quest’isola?

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Acciuliddi

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Andarinos

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Tallutzas

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Culurgiones

Culurgiones

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eccetera eccetera eccetera ce ne sono ancora altri da scoprire 😉

Il massimo della ricca cucina sarda si trova poi nei numerosi agriturismo disseminati dal mare alla montagna. Non perdetevi il porceddu, maialino da latte cucinato sotto terra avvolto nelle foglie di mirto…

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e le cordule di agnello cotte allo spiedo…

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Antiche ricette si tramandano nelle famiglie e nelle case si possono gustare i prodotti di stagione che trovano il culmine nella cucina della cacciagione.

Oppure le specialità di mare che non troverete al ristorante come la burrida di razza.

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Anche il pane qui è fenomenale…

come le carta musica, quando ci si gocciola sopra l’ottimo olio extravergine sardo, si chiama guttiau (gocciolato) e accompagna l’aperitivo (altro che patatine).   😛

e serve per innumere altre preparazioni.

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il pane carraxiu cotto nel forno a legna

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Spianate morbide e croccanti, in forno, sulla piastra e nella cenere

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pane a rosa

per le feste si preparano i pani votivi

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Anche i dolci per le ricorrenze diventano merletti preziosi

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Se i padroni di casa sono nei dintorni, siamo soliti invitarli per una cena a casa loro in modo da conoscerci meglio. Sono dei professionisti che abitano a Cagliari e andranno a Palo Alto con i figli nei prossimi mesi. Piacevole serata di scambio ricette e posti dove trovare altre specialità.

In giardino abbiamo anche le altalene e nessuno di noi si vergogna di dondolare avanti indietro come facevamo da bambini.   😛

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Non poteva mancare una visita anche a Sant Antioco, si compra il famoso tonno (ormai uno dei pochi tonni veri) e si finisce al ristorante.  😉

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Ci troviamo alla prossimo scambio.

Ah dimenticavo! Ci siamo divertiti di più che a Cipro.

A presto…

26 – Cipro

Larnaca, un sacco di anni fa 😉 – Agosto 2008

Il 2008 abbiamo girato parecchio e allora, per farci un poco di mare, Monique ci trova una casetta a Cipro. Non ci siamo mai stati e il Mediterraneo in questa stagione è il più bello dei mari.

La costa selvaggia della penisola di Akamas (foto Almay/Milestone Media) + Photoshop ;)

La costa selvaggia della penisola di Akamas (foto Almay/Milestone Media) + Photoshop 😉

Un breve aggiornamento su Wikipedia ci ricorda che quest’isola ospitava i primi agricoltori ben 10.000 anni fa. Le miniere di rame la fecero prosperare nell’età del bronzo con gli Ittiti e i Fenici poi.

Insomma tra Egiziani, Assiro Babilonesi, Micenei e Romani, Bizantini e poi i Crociati, ancora le repubbliche marinare sia Genova che Venezia lasciarono la loro impronta qui. Fino ai tempi moderni sotto l’impero Ottomano e poi gli Inglesi e tuttora divisa in due tra Turchi e Greci.

Ci accompagnano Elisabeth e Daniel.

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La casa appartiene ad una famiglia Israeliana. Israele è qui di fronte sotto al Libano, c’è anche qualche inglese.

Qui è tutto nuovo, sembra di arrivare a Zingonia negli anni 70 ma il tempo è bello. Scopriamo la nostra villetta, in località Apollonis, in mezzo ad altre centinaia. Nuove, vuote.

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Scopriremo poi che sono in offerta speciale. Se le comprate vi danno in omaggio la piscina e la cittadinanza Europea. Non male se siete alla ricerca di una patria a pagamento. 😉

Sì sono in Europa dal 2004 e nell’euro da gennaio del 2008, ci metteranno poco per arrivare alla bancarotta.

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Torniamo a noi, villette a schiera, del tutto dignitose anche se lontane dagli altri scambi di quest’anno e poi sole e mmare. Siamo proprio di fronte al mare, sabbia scura onde al minimo e sassi ovunque … poco balneabile. Ma abbiamo una bella piscina privata.

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I vicini sono pochissimi e pure il lamento vibrante del trapano elettrico di un vicino bricoleur mattutino si può sopportare. 😦

Non ci sono servizi ne negozi ancora, arriveranno?

E’ già sera, fuori dal villaggio fantasma sulla strada provinciale c’è un solo negozio/forno. Ci riforniamo di pane e biscottini ciprioti fritti, daktyla alle mandorle. Nulla di salato, prendiamo anche un dolce di semolino, kalo prana che in cipriota vuol dire cosa buona, ouff. Stasera non cuciniamo. 😦

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Ci pucciamo in piscina fino a tardi.

Visita alla città di Larnaka. Mmmm sembra Viserbella negli anni 60, però meno organizzata.

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La spiaggia è caotica, affollata ma si possono affittare sdraio e ombrellone. Ci proviamo, mi sembra di tornare al mare in colonia quando ero piccolo.

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Vecchi e bambini raccolgono conchiglie rotte come tesori. Tutti a sciaquettare nell’acqua bassa che diventa torbida, per avere l’acqua limpida bisogna andare un po’ al largo.

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Il nostro spirito è indomito chissà dove saranno quelle spiagge di sabbia bianca e mare blu che si vedono nelle immagini della agenzie viaggio !?

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Cerchiamo ristoranti. Beh! Quante pretese, la cucina è in massima parte greca, con cattivi influssi fast food (patate fritte unte viaggiano insieme ad ogni piatto di carnaccia o pesce troppo cotto). I dolci sono turchi, buoni e full of calories.

Fuori città troviamo un centro commerciale modernissimo tutto nuovo pure quello. Facciamo rifornimento di verzure fresche e prodotti locali (essendo Carrefour molti prodotti sono francesi). Li useremo anche per i picnic.

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Cipro è stata per un secolo la miniera d’oro di Venezia. L’oro in quei tempi era rappresentato dal sale che ora non viene nemmeno più raccolto.

Spinti dalla sete di cultura 😉 cerchiamo monumenti da visitare. Pochi e mal tenuti. Qualche bella chiesa bizantina, qualche fortezza, rovine Romane senza indicazioni. Restano le case Vittoriane e i vicoli del porto di Limassol.

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Gli abitanti locali quando hanno caldo si trasferiscono a Trodos località sciistica 😀 in montagna. Arrivati alla ridente cittadina incappiamo in una festa popolare e si parcheggia molto distante.

Musiche e canti. Sono diventato nemico dei balli folkloristici durante una vacanza a Lefkas (antica Itaca) dove incappammo in un festival mondiale del Folklore. Ormai hanno su di me lo stesso effetto delle belle chiese. Dopo averne viste migliaia me ne interessa soltanto l’acustica. 😎

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Nonne in abito nero con bambini, finalmente al fresco, si nutrono di zucchero filato rosa, gelati dai colori brillanti e lukma frittelle di farina e patate inzuppate nello sciroppo di zucchero.

Mi definisco decisamente un progressista, ma francamente non riesco a capire la mania di allargamento dell’Europa a tutti i costi. Ma quelli che votano per l’ammissione dei nuovi paesi ci sono andati almeno una volta prima di compiere l’immane dovere di unificare l’inunificabile?

Una bella iniezione di denaro a prestito ha contribuito alla bancarotta attuale.

Fra un po’ toccherà pure ai cugini europei della Bosnia, della Macedonia e del Kossovo?

Ah! Dimenticavo l’Azerbaijan che senza Turchia e Armenia non sarebbe nemmeno nostra confinante.

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Vabbe ce ne andiamo a Nicosia capitale di Cipro e pure capitale dell’altro stato di lingua turca al nord, riconosciuto solo dalla Turchia.

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Appena varcata la frontiera è come entrare in un film retrò. Anche i negozi espongono abiti stile muslim su manichini antichi dal naso sbucciato.

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Gli articoli che vanno per la maggiore sono le copie delle borse di Louis Vuitton che qui sono in vendita ufficiale. Lo stato TurcoCipriota non aderisce ad alcuna convenzione del WTO.

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Nella splendida moschea del settecento non si può entrare. Nella bella corte un caffè offre acqua minerale calda e dolcetti di pasta e formaggio fritto, gradevoli e decisamente a basso prezzo.

Una trovata da food hunter ve la devo far vedere.

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I Soutzoukos che però sono originari della Georgia col nome di Churchkhela.

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Sono come delle candele create con una collana di mandorle o noci e intinte in un miscuglio di succo di uva e farina. Gommose e pericolose per tutti gli apparecchi dentali, ma dolcine e caloriche. Le usavano i nomadi come cibo di sostentamento durante le migrazioni 🙂

Un solo formaggio l’halloumi di capra e pecora insieme, di sapore abbastanza neutro si usa grigliato, fritto e/o in accompagnamento con l’anguria d’estate e con la carne di maiale d’inverno.

OK ce ne stiamo un po’ in piscina o a leggere o scrivere e cuciniamo spesso a casa.

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Non so se ci torniamo, magari la parte turca sarebbe più interessante…

Alla prossima 😉

25? – Palo Alto

California – ormai lontano giugno del 2008

Questo ufficialmente non sarebbe nemmeno un cambio, ma una sua conseguenza, giudicate voi se merita il numero 25.

Siamo invitati a Palo Alto per il compleanno di Ram. Siccome per l’occasione a casa loro non c’è abbastanza posto, ci sistemeremo nella casetta di un amico, Norio che è stato pure lui ospite a casa nostra per un paio di giorni.

Ecco Villa Lauriston costruita in pietra negli anni del proibizionismo con vigna e cantina. Sovrasta due piccole proprietà fuori dal parco. Una è la casetta di Steve Job e l’altro vicino è Larry Ellison.

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Ecco la casetta, non so neanche quante stanze abbia, ho perso il conto, ma la sua figura la fa.

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Sta in un parco di parecchie miglia quadrate pieno di redwood, secolari pini giganteschi. Ha una cucina ottimamente attrezzata, ci sarà utile per qualche cena e per aiutare la produzione di cibi prelibati per un centinaio di invitati a casa di Ram.

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C’è un bel sole ma, per chi avesse dei dubbi sulla temperatura della California in giugno, aggiungiamo una visita al mare. Sì l’oceano Pacifico che pacifico non è mai, è pure gelido… 😎

Beh! siamo qui per festeggiare Ram ma manca ancora qualche giorno e così abbiamo la scusa per organizzare una piccola lezione di cucina. Crostini toscani, paccheri ai broccoli, pasticcio di coniglio, a gentile richiesta caponata ecc.

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Vengono un po’ di amici e l’amico Paul porta un po’ di vino, tipo Chateau Latour, si assaggia, si degusta e poi si va a tavola…

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Passata la seratina andiamo a fare la spesa. Farmers market per tutti i prodotti della terra ma, siccome non  sono tutti vegetariani ci serve anche la carne. Nelle macellerie US la carne arriva già tagliata e anche se la scelta è ottima se volete un pezzo da 10 Kg, tipo una spalla di maiale o simili, dovete andare a cercarla dai meat packers.

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finalmente troviamo il nostro blocco di carnaccia che cuocerà per 18 ore a 60 C°.

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Questo è solo uno delle decine di piatti per la festa, tutti collaboriamo per il compleanno di Ram.

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Disponiamo sui tavoli anche le meravigliose e gustosissime torte di Emma.

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Mentre Juan si cimenta col salmone alla griglia…

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E poi si festeggia. 😎

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Beh! Dopo una bella dormita possiamo goderci il sole dietro casa…

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lavorare un pochino in internet…

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e prepararci per dirigerci a Sonoma dove Ram ha fatto un’altro cambio casa per una settimana. Giusto per essere + vicini alle vineries a Nord di San Francisco, Napa Valley eccetera.

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Una bella casetta con piscina e si uniscono a noi Michele e Micheline amici di Ram fin dai tempi dell’università.

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Con l’allegra compagnia ci dedichiamo alle visite dei produttori di vino e degli interessanti ristoranti che abitano in mezzo a loro.

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…ed eccoci di nuovo al lavoro…

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Dopo un paio di Vignaioli non ci resta che andare al Mustard Grill per rifocillarci.

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Un incredibile salmone bianco selvaggio ed un cosciotto d’agnello all Zinfandel da urlooo…

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Un riposino dopo pranzo non fa mica male.

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Ci può capitare anche di fare dello sport…

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La più brava di tutti è Micheline.

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Non ci dimentichiamo della cultura e non ci facciamo scappare il Museo ispirato a Julia Child, icona americana del good food.

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Ram Telefona in India

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Denise si connette e lavora da qualsiasi luogo.

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Ci raggiunge anche Norio e festeggiamo con un  altro ristorante dove potremo assaggiare la rinomata “caille au sarcofage” ripiena di fois gras e tartufi neri…

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Norio poi ci inviterà ad un giro nella baia con la sua barchetta. Appuntamento a Sausalito

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Aaahh! che faticaccia questi cambi casa. :-)) Ah! No questa è solo la conseguenza di un cambio…

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Non è che ci perdiamo la festa del paese e assaggiamo le foglie di cactus trifolate… non male somigliano alle zucchine, se lo scoprono in Sicilia 😀

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Siamo quasi alla fine accompagnammo Michele e Micheline ad un visita nostalgica a Berkeley dove si sono conosciuti secoli fa…

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Una ultimo ristorante

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un brindisi sotto il sole del Pacifico

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un ultimo dessert…

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Un arrivederci a Ram e Denise.

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Noi ci sentiamo alla prossima….

24b – Kyoto + Tokyo – seconda parte

Abbiamo la fortuna di trovare un paio di camere in un Holiday Inn ignorato dai locali. Treno Shikansen. Qui l’alta velocità c’è da quarant’anni, quasi cinquecento chilometri in un paio d’ore. La Stazione di Kyoto è nuovissima, super moderna, grande circa il doppio della Centrale di Milano e Termini messe insieme e con molti più piani sotterranei di negozi.

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Il simbolo è il fumetto Astro boy nato nel ‘52 dalla penna di Osamu Tezuka.

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Avevamo già visitato i templi durante un vecchio giro in auto che avevamo fatto in un inverno degli anni 80. Ma ora con il trionfo di ciliegi in tutte le sfumature possibili dal bianco al rosa è tutto diverso. Non è che io sia un patito dei fiori come Monique, ma quando la natura esplode, concentrando tutta quella bellezza, non si può rimanere insensibili.

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Ecco qualche immagine dei templi più famosi e dei giardini del palazzo imperiale. Siamo anche passati dal famoso giardino Zen delle 15 pietre dove da qualsiasi posizione se ne possono scorgere al massimo 14.

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Alla sera passeggiamo sotto le piante fiorite nel quartiere dove ancora lavorano le ultime maiko, intravvedendo le loro sagome così fuori dal tempo nelle case tradizionali.

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Nel vecchio mercato di Kyoto tra venditori di innumerevoli varietà di vegetali conservati, pesci canditi, fiocchi di tonno seccato,

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troviamo il mio fornitore di coltelli da cucina. 😉

 

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Aritsugu fabbricante di lame per i guerrieri Samurai, dal 1525 appartiene alla stessa famiglia. Non sono loro i più antichi. Il primato nel campo delle armi da taglio spetta alla bresciana famiglia Beretta che produceva spade già nel 1505 (ora non ne fabbrica più).

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La durezza delle lame è ottenuta piegando ripetutamente il metallo e battendolo a caldo. In questo modo i cristalli discoidali di ferro si orientano tutti nello stesso senso aumentando a dismisura la durezza del filo.

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Qui un artigiano incide il mio nome Maruceru sulla mazzetta spaccaossa che mi sono appena comprato, un’affilatina e per i prossimi 5 anni sono a posto, 😀

DSCN2004Ritorniamo in treno e come tutti gli altri viaggiatori ci comperiamo un picnic in scatola di montaggio in uno dei numerosi stand alla stazione. Raffinate leccornie o semplici zuppe calde riempiono l’aria del viaggio di ritorno. Non prima di essere passati nella toilette per lavare la mani e notare un altro accessorio di difficile utilizzo. 😉

Una sera riceviamo un invito formale da Setzuku l’amica di un amico giapponese Norio, anche lui è stato ospite a casa nostra sul lago.

Noi le abbiamo portato i saluti da un altro continente e quindi è suo “obbligo” ricambiare. Invito a casa sua, lei è una single, una consigliera del conglomerato Mitsubishi per acquistare in tutto il mondo attività commerciali di altissima qualità.

Hwang Woo yea , Shinzo AbeDegustazione di vini, dress code: Business Casual. Business Casual tradotto significa, vestiti come si va a lavorare, ma con calzini senza buchi, 😀 perché a casa d’altri ci si tolgono le scarpe lasciandole naturalmente con la punta verso l’esterno.

Quartiere delle ambasciate appartamento minuscolo, oltre a noi e l’ospite tre business-man. Il capo dei qualche migliaio di ingegneri Mitsubishi, il proprietario di una clinica di chirurgia plastica di Akasaka, il CEO di una società di consulenza internazionale.

Marmellata di SambucoOgni invitato ha portato una bottiglia:

Chateau Mouton Rotschild – Puillac ‘79

Aldo Conterno – Barolo Bussia Soprana ’80

Raoul Mondavi – Zinfandel ’84

Noi portiamo una confezione di rarissima Marmellata di Sambuco Argegno ’07, Chilometro Zero dei nostri possedimenti del lago di Como.  😀

Per accompagnare il rito, un roast beef di manzo Kobe (che meglio di così dirvi di più non so), un piatto di formaggi: français, irish e italiani presentati su foglie fresche di fico (siamo in primavera), frutta fresca e una collezione di crackers inglesi.

I preziosi vini scaldano la serata che passa piacevolmente a chiacchierare di bella vita e smollano i biz-men. A fin serata salutandoci ci abbracciamo pure 😉

Inviteremo Setzuku alla cena italiana che, quando riusciamo, prepariamo per i ns ospiti stranieri a casa loro.

Una visita ad Akihabara è d’obbligo. Questo è il regno dell’elettronica. Dovete sapere che l’ondata di prodotti Giapponesi che arriva sul nostro mercato é NULLA rispetto a quella che fa bella mostra nei negozi specializzati di questo quartiere.

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Da Yodobashi Camera e dai suoi concorrenti, migliaia di apparecchi fotografici, telecamere, accessori, orologi e telefonini passano di moda alla velocità del fulmine, sostituiti subito da altri più moderni, performanti, colorati, ancora più… inutili? Magari sì ma che tentazioni !

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In mezzo a questi grandi retailer mille negozi piccolissimi vendono la componentistica elettronica di tutto questo, più la robotica naturalmente.

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Ogni tanto fa capolino una vetrina straripante di contenitori cilindrici tipo Bibita gassata… ??? Mille colori e mille disegni differenti, alcuni espliciti, altri meno…

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È un sex shop! e cosa sono queste lattine?

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Beh! Come lo spiego… dunque si tratta di accessori maschili per la… masturbazione. Tolto il tappo si scopre una superficie cicciotta di plastica rosata e morbida nella quale infilare… sì il coso. 😀

E’ pieno di studenti che si approvvigionano di lattine di varia misura a poco prezzo, ci sono anche ragazze con i calzettoni bianchi interessate ad articoli di altro genere. 😎

Vicino ad Akiabara c’è un quartiere, Kappabashi dedicato alle apparecchiature per la ristorazione, ma che ci frega…

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No aspettate siccome la cucina giapponese è sconfinata, i ristoranti invece di fotografare i piatti si fanno fare delle copie artigianali 3D, da esporre nelle vetrine per attirare i clienti. Ne potete scegliere di ogni tipo e composizione per fare uno scherzo al prossimo invito a cena. 😉

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Su di una rivista patinata in casa troviamo un articolo (scopriamo che porta la firma di Betsy) che racconta della nuova vita di un tipo di locale che stava sparendo, ma che ora (2008) sta tornando di moda l’Itzakaia.

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Si tratta di un locale tipo la nostra vecchia osteria dove si andava per bere. Da noi era il vino qui era il sakè. Per non sbronzarsi alla svelta (e per incrementare il business) questo tipo di locale aveva sviluppato un suo modo di cucinare. Piatti piccoli, l’equivalente dei tapas madrileni o delle ciotole di arachidi americane o dei nostri apericena.

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Sono quasi tutti in periferia. Ne scegliamo uno che ci sembra IN. Il solo viaggio in taxi costa 8.000 yen (al cambio favorevole del momento 50 €). Fuori c’è una coda lunga e mentre si aspetta conosciamo una ragazza che parla un po’ di spagnolo ed è elettrizzata dal fatto che siamo italiani, arrivati fin qui.

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Troviamo posto a fatica e parlano solo il giapponese. Fa niente ordiniamo un piattino di tutto e sakè per accompagnare. Una meravigliosa trippa cotta otto ore nel miso si chiama Nikomi, seppie secche scottate alla griglia.

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Unagi, anguilla affumicata, caramellizzata. Un paio di piattini dal profumo di pesce marcio in verità sono rimasti quasi intonsi, ma l’esperienza è stata suuuper. 😀

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Non possiamo rinunciare ad una visita al mercato del pesce più grande e interessante del mondo. Tsukii apre alle 3 per gli operatori che acquistano i tonni congelati, provenienti da tutto il mondo all’asta. Per il pubblico apre le porte alle 6. Bisogna andarci rigorosamente la mattina presto.

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Se siete appassionati gourmet non potete perdere questa occasione. Lasciate a casa i non interessati. La varietà del pescato in questo mercato non ha pari altrove. Tutto è rigorosamente fresco.

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Godetevi la maestria di questi nuovi guerrieri che sfilettano tonni interi con lame lunghe e sottili come quelle dei samurai. Qui gli specialisti del fugu, il velenosissimo pesce palla sciorinano la loro abilità. Conchiglie, molluschi mai visti, lamellibranchi, anemoni, uova, avannotti ecc ecc ecc.

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Intorno al mercato fiorisce una miriade di bancarelle specializzate nelle preparazioni infinite di questo ben di dio. Fritti, glassati, marinati, ricoperti di semi, miso, erbe o panko. Le mogli ci trascinano via dopo solo quattro o cinque ore, uffa… 😦

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Una sera Betsy ci telefona per avvisarci che il marito Shep ha un appuntamento di lavoro imprevisto e deve passare da casa per scegliere un abito per l’occasione. Lo invitiamo a casa sua anche per dormire a patto che stia nella camera dei bambini. 😉

E’ il penultimo giorno qui e coincide con la cena italiana con Setsuku come ospite, quindi va benissimo anche se si aggiunge Shep.

Cena tricolore calorosa durante la quale i nostri ospiti scoprono di avere amici comuni in ambito finanziario.

Chiacchierando il padrone di casa ci chiede cosa io preferisca cucinare.

– La cacciagione è la mia pronta risposta.-

Shep corre ad aprire il congelatore per estrarne un blocco da 3Kg di carne di cervo che suo fratello ha cacciato in Colorado. Posso cucinarlo domani come meglio creda, lui purtroppo non ci sarà perché farà tardi.

Io lo vorrei preparare con una salsa al cioccolato, Enrico inorridisce e vuole prepararlo in modo più classico. NON litighiamo, scelta salomonica: 1,5 Kg a testa e ognuno lo cucina come vuole. 😀

Morale, alle 21 Shep telefona per sentire come è stata la cena.

Non siamo ancora andati a tavola, se hai finito ti aspettiamo. Dopo ben 10 minuti abbiamo un altro commensale. Entrambe le preparazioni erano ottime e con il possente aiuto del padrone di casa ne resta mezza porzione di un tipo e poco meno dell’altro.

Lo specifico perché dopo essere rientrati a casa Betsy ci scriverà per chiedere la ricetta impossibile. La ciotolina delle due preparazioni che qualcuno aveva unito per metterla in frigorifero. 😉

Non ho neanche provato a parlarvi dei musei…

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dei grattacieli con i musei all’ultimo piano…

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dell’curioso e interessantissimo sport nazionale, il Sumo al Ryōgoku Kokugikan

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del teatro kabuki…

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Lo so, non posso riuscire in così poco spazio a trasmettervi tutte le sensazioni che questo paese così lontano dalle nostre tradizioni, sarà in grado di darvi quando deciderete di andarci di persona…

…però ci ho provato!

さようなら (sayōnara)

24a – Tokyo – prima parte

maggio 2008

Edo, l’antica capitale del regno del Sol levante è certamente una delle città da noi preferite. Ci siamo già stati altre cinque volte a partire dal 1980. Ogni volta con curiosità sempre maggiore.

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Questa è la prima volta che facciamo scambio casa in questa città. E’ la famiglia di Betsy e Shep. Hanno quattro figli piccoli che abbracciamo incrociandoli per pochi minuti appena arriviamo e riceviamo le chiavi di casa.

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Siamo in un appartamento a Takanawa Hill di 240 mq + 80 di terrazza all’ultimo piano. La dimensione è assolutamente unusuale per una città dove 100 mq sono considerati regali e poi siamo siamo vicini al conosciutissimo tempio di Sengakuji che ospita le tombe dei 46 ronin che fecero seppuku per lealtà ad Asano ( sssht… lo so che per noi ha poco significato ma qui la conoscono tutti). 😎

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Insieme a noi viaggiano Enrico e Donatella che già avete conosciuto nel cambio a Guadalupe. Per loro Tokyo è la prima volta. 😉

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Non so da dove cominciare per descrivere questo paese a chi non ci è mai stato. Proverò a partire dal concetto di rispetto che pervade il rapporto tra le persone di ogni ceto, mestiere, azione. Misto al senso di colpa che viene da sempre sfruttato da chi domina la società.

Quasi tutto quello che la media degli italiani immagina del Giappone è generalmente sbagliato. A cominciare dal cibo. Riduttivamente immaginato come il paese dove si mangia tutti i giorni il pesce crudo, in realtà se ne mangia di più a Bari. 😉

Beh partiamo dalla città. Molto estesa, i grattacieli sono pochi perchè costruire in alto con i rischi sismici che ci sono qui non è troppo consigliabile. Ogni volta che siamo stati in Giappone abbiamo percepito almeno un terremoto, strana sensazione.

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Betsy che poi scopriremo parla e scrive in giapponese, cinese e coreano, oltre all’inglese certo, si scusa per non aver avuto il tempo di far pulire l’argenteria. Ci danno le chiavi della monovolume Toyota e ci lasciano. A Tokyo se non dimostrate di avere un box o l’abbonamento ad un garage non potete nemmeno comprare la macchina. 😉

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E’ pomeriggio inoltrato andiamo a fare qualche spesa in un piccolo supermercato vicino. Io sono un maniaco di supermercati, ma quelli giapponesi sono speciali. Lo spazio è poco e quindi l’esposizione è massimizzata alla presentazione della freschezza e dell’appetitosità.

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Anche Enrico e Donatella sono dei gourmet e quindi passiamo un tempo sensibile solo per spiegare quello che già conosciamo degli articoli in vendita. Ci approvvigioniamo per la sera. 😎

Casa e terrazzo sono veramente gorgeous, ma quello che sorprende di più i nostri amici sono i… cessi, due Toto formato occidentale full optional. 😀

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Li descrivo per chi non ha mai avuto la chance di utilizzarli.

A parte la musichetta che serve a coprire imbarazzanti rumorini e ai diffusori di profumo, qui la carta igienica è un puro optional per occidentali. Dopo aver espletato le funzioni avete una scelta di bottoncini.

Un culetto rosa per le bambine e uno azzurro per i maschietti segnala la posizione di un attuatore che spruzza acqua calda (certo si può settare la temperatura) nelle postazioni anatomiche desiderate. Dopo il lavaggio, uno zefiro di aria calda provvederà all’asciugatura della parte in discussione.

Pulito, gradevole, giapponese. Provare per credere. Ah! Non fate le prove stando in piedi vicino alla tazza se volete evitare spruzzi in giro. 😉

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Dopo lavaggio ed espletamenti vari, si cena con lo yukata, la vestaglia da casa. Per cenare alla svelta solo una zuppa di miso e qualche vassoietto di sushi appena fatti (al super). Siamo svegli da una ventina di ore quindi a nanna presto.

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Tanto per cominciare il primo giorno andremo a Sinhjuku. Non è come dire a andiamo alla stazione Centrale. Questa stazione è la più trafficata del mondo, con l’area che la circonda piena di ogni attività immaginabile e no, ricopre più e meno l’area della cerchia dei navigli e quindi non si visita, percorre o studia in una sola giornata. Qui ne vedete una  delle parti esterne, sotto vari livelli di metropolitana ci stanno anche i treni.

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Per esempio l’area a nord è occupata da locali sexy per soli uomini. La sessualità Jap non è la stessa nostra, è molto più esibizionista e puritana nello stesso tempo.

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Pensate ai fumetti anime e ne avrete un idea. La centralità è incernierata su un mito sexy idealizzato, incrocio tra la studentessa minorenne e la coniglietta di Playboy. Non c’è la vendita del corpo se non in simulacro. Non è che la prostituzione sia proibita, più che altro il semplice atto è considerato banale. E poi ci sono le bambole.

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Ci sono casinò dove si gioca con croupier in topless, si perde guardando le tette delle manovratrici delle fiches. Bar dove ci si sbronza solo di wisky Suntory (rigorosamente alla fine di una giornata di duro lavoro) sempre guardando tette ecc.

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Ah! Essere sbronzi non è considerato negativamente come da noi, si sbronza il lavoratore che se lo può permettere, magari con un’amica per una sera, ma il più delle volte solo.

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In metropolitana c’è una vettura rosa riservata al sesso femminile che non vuole condividere il vagone con gente che legge fumetti porno.

Sì anche qui ci sono i barboni, leggono giornali tutto il giorno e dormono sugli scatoloni lasciando le scarpe fuori dal cartone per non sporcare il pavimento.

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Fare shopping qui è un’esperienza che altrove è impensabile. I department stores (depato) sono gargantuelici, per profondità soprattutto. Una differenza sostanziale.

Ricordo un viaggio a Varsavia quando era oltre cortina, gli articoli in vendita nel grande magazzino nel centro della capitale polacca erano in tutto un paio di centinaia. Gli alimentari in tutto erano una decina, pane nero e barattoli di cetrioli di diverso formato. Un supermercato tipo Esselunga propone 2.000 articoli. Un supermercato a New York ne ha mediamente 6.000 qui siamo oltre i 20.000 con punte ancora più elevate. LOFT alla stazione di Shibuia vanta 80.000 articoli diversi.

Faccio un esempio: Un reparto per guanciali da letto mette in mostra innumerevoli formati, triangoli scaleni con bozzi vari per appoggiare testa e ginocchia o dorsi, propaggini di varie densità, toroidali e sagomati in altezze variabili.

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Non dimentichiamo i guanciali tradizionali giapponesi sono sacchetti di tutte le fogge contenenti quantitativi vari di grano saraceno. Noi li abbiamo solo rettangolari, lana piuma o gommapiuma, in Francia quadrati e cilindrici…

Se vi interessano le porcellane la scelta è sconfinata. I carissimi pettini scolpiti in legno bosso o addirittura di tartaruga laccata per le acconciature da kimono, occupano un intero reparto e così i sandali microscopici da cerimonia dipinti a mano e via dicendo.

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Il massimo della varietà è dedicato alla pasticceria, generalmente al primo livello sotterraneo dei depato. La pasticceria tradizionale giapponese non ha molti gusti, gelatine di frutta e fagioli di soya, castagne, dolci di riso e miele e poco più. Ma la bellezza e la varietà delle forme e delle decorazioni sono senza pari. Più che dolci sono sculture pregiate che vengono offerte in confezioni di una cura straordinaria.

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Ora, a questa inusitata capacità di presentazione aggiungiamo la ricchezza degli ingredienti occidentali. Creme, burro, cioccolato, ganache, confetture, paste lievitate, semifreddi, canditi, biscotti, frutta, confetti, mandorle, nocciole, pistacchi…

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In un reparto pasticceria ho contato addirittura 80 diversi stand ciascuno con articoli completamente diversi dai concorrenti.

Giudicate da voi e pensate che non sono di certo riuscito a fotografarli e tantomeno ad assaggiarli tutti. Beh! a qualcuno non abbiamo resistito e ce li siamo portati a casa… 😉

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In più Enrico ha perso ben due macchina fotografiche piene di immagini… 😦

Quindi qualsiasi sia il vostro interesse merceologico o social-consumistico in questa città c’è pane per i vostri denti.

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Se siete appassionati di strumenti di scrittura e cartoleria Ito-ya in Ginza è il vostro shop ideale, 6 piani + 6 ammezzati vi faranno venire voglia di comprare tutto.

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Tokyu Hands, in città ce ne sono parecchi in concomitanza con le varie stazioni, offre un assortimento pazzesco per l’hobby. Non intendo i nostri superstore di bricolage per la casa. Qui si parla di svariati piani per ceramisti, pittori, materiali per modellistica, arte vetraria, cannelli ossiacetilenici, metalli vari in polvere barre o fili, camping, biciclette, pulitori a ultrasuoni, mosaici, articoli che non avete osato pensare.

Volete visitare i templi? Ce ne sono dappertutto, circondati da parchi curatissimi. La stazione di Asakusa è circondata dai più importanti.

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Ricordo un capodanno, circa 20 anni fa, passato qui in silenzio insieme ad un milione circa di fedeli shinto a portare le offerte e le frecce senza punta da bruciare nei sacri bracieri. Risuonavano i centouno rintocchi augurali suonati dai vip della città e si assaggiavano poi le leccornie gastronomiche di questo unico giorno speciale in cui tutti e dico TUTTI i negozi sono chiusi per inventario.

Siete mai stati in un Pachinko? Un rumore indescrivibile…

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Sono rimasti pochi quartieri residenziali con le case tradizionali in legno e carta di riso, dato l’alto costo delle aree urbane.

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In queste zone si respira un’aria di altri tempi. Ah non vi avevo detto che è la prima volta che ci troviamo in Giappone nel mese della fioritura dei ciliegi. Il ciliegio è Sakura 桜

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Per gli abitanti di qui è il periodo più bello dell’anno. In metropolitana si incontrano intere famiglie che si dirigono nei parchi per fare picnic sotto gli alberi in fiore. La nevicata di petali è segno di buona fortuna e perché non approfittarne? Le multinazionali allestiscono nei parchi bar all’aperto ove brindare a champagne o sakè.

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Durante la fioritura i taxi trasportano gratis le cittadine vestite con i tradizionali costosissimi kimono. I canali televisivi fanno a gara per prevedere esattamente quando fioriranno gli alberi di una determinata zona.

Così decidiamo di andare a Kyoto

Ho troppo da scrivere su questo meraviglioso paese,  fra qualche giorno continua…

23 – Guadalupe

Gennaio 2008

Ahahahaaaah! I Caraibi…

Certo nell’immaginario popolare sono considerati una zona di assoluto relax. Farniente sulla spiaggia, mangiare banane dal sapore stuzzicante, bere cocktail con l’ombrellino, annusare le orchidee, insomma tutto quanto puoi sognare nelle umidose giornate Milanesi invernali.

DSCN1537 Come ci capita questa offerta la cogliamo al volo e questa volta portiamo con noi Enrico e Donatella. Lui architetto e chef, lei insegnante d’arte.

Caraibi Scoperta da Cristoforo Colombo nel secondo viaggio e battezzata Guadalupa (in onore del Santuario spagnolo della Madonna omonima), appartenne a sorti alterne ai Francesi, agli Inglesi e perfino agli Svedesi.

zucchero canna Prima tabacco e poi canna da zucchero. Prima sfruttarono gli schiavi e quando fu abolita la schiavitù i lavoratori indiani a basso costo, quasi altrettanto schiavizzati.

08-Map Col trattato di Parigi del 1763, dove la Francia doveva decidere se tornare in possesso di Guadalupe o del Canada, i francesi scelsero l’isola, perchè lo zucchero era allora una risorsa quasi strategica. (Lo zucchero era considerato una spezia a tutti gli effetti e come le altre spezie era ritenuto indispensabile per le mense dei ricchi) Guadalupe

Voltaire stesso definì sprezzantemente il Canada “Quelques arpents de neige” vale a dire – Qualche pertica di neve. –

 

Così i Francesi si tennero le zollette per le feste dei nobili e lasciarono il Canada alla Gran Bretagna, escluso solo i diritti di pesca a Terranova, più due isolette dove seccare il pesce pescato. 🙂

I governi di TUTTI i paesi, in ogni tempo, hanno operato le loro scelte senza curarsi del futuro, guardando solo al profitto a breve termine. Fino ad oggi NON E’ MAI SUCCESSO.

Tanto per dirne una a proposito della Libia.

Quando l’impero d’Italia si allargava all’altra parte del mediterraneo, la scoperta del petrolio non interessò i Savoia solo perchè, il nostro sovrano deteneva una quota importante della BP! 😦

entree maisonoriginal (3885)DSCN1561 Casa carina, non forse al livello di altri scambi lussuosissimi già fatti, ma la location sicuramente molto attrattiva.

DSCN1494 Beh! Ora cerchiamoci una spiaggia. Sembra strano girare ai Caraibi ed essere nello stesso tempo in Francia (siamo in una region d’outre mer).

DSCN1492.JPG I prezzi sono in euro e assolutamente allineati ai nostri anzi, casomai ritoccati per i turisti. Ci sono i magazzini Printemps e tutti parlano francese. 😉

Sì, qui tutti sembrano in vacanza, compresi gli abitanti. 😀

DSCN1460.JPG Qui il napoletano delle barzellette anteguerra sarebbe una lingua adatta, più del francese, tipo – quanno c’è o’ sole, quann’ammo magnà –

DSCN1557.JPG Si va bene, quando fa caldo è più dura lavorare, ma qui sono molto abili a schivarlo. Pure per comprare un pesce dai pescatori ci vuole una raccomandazione. Non è che siano tanto cattolici, ma la domenica non lavora nessuno e gli altri giorni si sopravvive.

681x454 Però alla sera con il fresco si balla, tirano fuori i Gwoka, tamburi in pelle di capra, ingollano qualche sorsata di rum, al quale aggiungono tutti i tipi di radici edibili e pure no (basta che siano stupefacizzanti) e alé il divertimento è assicurato. Ammesso che l’articolo interessi. 😉

637307-2 La professione più ricercata è quella del pensionato, seguita a ruota dal dipendente statale. A lavorare ci pensano le ragazze.

Ora che lo zucchero vale poco, non coltivano più nemmeno la canna da zucchero per fare il rum. La importano dalle isole vicine e forse, fra poco, importeranno pure il rum già distillato. 😀

sconosciuto-2 Ora coltivano le banane, sì va bene, sono pesanti da trasportare, ma crescono da sole… Per il resto importano quasi tutto, tranne il pesce. Quindi la prima industria sono i turisti.

alba dalla terazza Cosa possiamo pretendere, i cugini francesi vogliono tenere il piede anche nei Caraibi, magari per i diritti petroliferi della zona o i diritti di pesca o solo la proprietà. Non possiamo biasimare gli abitanti che ne approfittano, finché i contribuenti francesi sono d’accordo. 😉

Fa niente non siamo mica qui per lavorare o fare affari. Ci basta o’ sole e o’ mare. Trascurando la zona sud vicina al porto di Point-a Pitre l’isola è ancora selvaggia. Le spiagge non sono servite, tranne che negli alberghi a 5 stelle.

DSCN1463.JPG Ogni giorno ne scegliamo una nuova, dove sguazzare ed abbronzarci per qualche ora. In genere ci portiamo la colazione al sacco da casa. L’offerta della ristorazione, essendo sia Enrico che io gourmet e chef, ci fa disdegnare i polli bruciacchiati sulle griglie improvvisate ed il riso speziato, gustoso ma monotono, che li accompagna ovunque.

DSCN1471 La sabbia bianca è fina, il mare è blu. La parte nord est di Grande Terre è ricca di scogli e battuta dai venti dell’Atlantico. Bellissima ma poco praticabile per la balneazione. I fiori di rara bellezza sono dappertutto, il clima subtropicale rinfrescato dagli alisei mantiene la temperatura tra i 25° e i 33° tutto l’anno.

DSCN1443.JPG Una giornata facciamo una gita a Basse Terre, sì è leggermente a sud rispetto a Grande Terre, ma è decisamente più alta con una montagna che raggiunge i 1400 metri. In realtà è un’isola separata da un braccio di mare che hanno chiamato riviere salee perchè è lungo 5 km anche se non più largo di 200 metri . Tre ponti collegano le isole.

Questa parte, ancora più verde della prima, ospita le piantagioni di banane e i lavoratori che le accudiscono.

ma+pappagalliDSCN1510.JPG   Visitiamo un parco nazionale con una voliera di pappagallini.

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Anche qui mille fiori coloratissimi ed i resti di uno zuccherificio ormai definitivamente abbandonato e trasformato in museo per turisti.

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Un bel bagno su una spiaggia da dove partono le visite alla riserva subacquea di Jaques Cousteau. Che proprio qui si era costruito una splendida villa. La maison de la foret. Buen retiro di uno che aveva girato tutto il mondo e qui aveva trovato la tranquillità. 😉

I nostri viaggi sui siti mondiali ;)

 Posted on March 3, 2014 by 

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Have you ever dreamed about traveling around the world in eighty days like the infamous Phileas Fogg? With a little more time but the same amount of wanderlust, HomeExchange.com members Monique and Marcello have decided to go ’round the world in 80 home exchanges…and they are on their 58th so far!

“Our adventure started in 2002, when we promised our nieces and nephews to take them to the States as gift for their 18th birthday. Our first exchange was in summer, in Naples, Florida, with a niece and twin nephews. We preferred to stay in a house in order to know our nieces and nephews a bit better and enjoy our holiday together.”

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22 – Martha’s Vineyard

settembre 2007

Per andare da Alphabet City (Manhattan) a Martha’s Vineyard noleggiamo un van. Si perchè non siamo più solo noi quattro: Monique, io, Elisabeth e Daniel, si aggiungono Sergio e Annik amici da lunga pezza, che vivono a Montpellier.

Highway 95 fino a Providence, strade locali fino al traghetto a Woods Hole e 7 miglia di navigazione fino a Oak Bluffs.

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Destinazione Villa Rosa, sì questo è il nome in inglese. 😀

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Ma cosa credete, che non scambiamo la nostra casa con il posto più cool dell’isola! 😉

Storica casa Vittoriana costruita nel 1875, ha 18 stanze di cui 9 camere da letto, a 50 metri dal mare.

Ha ospitato il fior fiore dell’aristocrazia nera degli US. Da Joe Luis a Dizzie Gillespie fino a Martin Luther King e Malcolm X.

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Ora appartiene ad un antiquario ed è arredata con tonnellate di pezzi liberty originali. In ogni stanza, come noterete dalle immagini, lampadari in cristallo e lampade Tiffany di ottima fattura. In sala da pranzo un paio di candelabri d’argento peseranno un paio di quintali cad. 😉

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Parlando di fiducia e sicurezza su quest’isola pensate che la porta di casa NON ha neppure la chiave!!!

Oggi arrivano anche Ram e Denise (cambio n°10) con gli amici Juan ed Emma dalla California. Anche loro sono stati a casa nostra, ospiti dei nostri ospiti, Juan ingegnere elettronico ed Emma pittrice/fotografa.

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Saremo in 10 ma la casetta può ospitarne anche il doppio. 😀

Dieci buongustai, di cui tre cuochi Ram, Elisabeth e io + una pasticcera sopraffina Emma.

Ci siamo portati un paio di casse di vino da NY perchè qualcuno ci ha detto che Martha’s potrebbe essere una dry island, cioè niente vendita di alcolici. Non che siamo ubriaconi ma pasteggiare a coca cola non è una nostra abitudine. 😦

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Giriamo un po’, in effetti nel supermercato non c’è ombra di vino e 4 villaggi sono proprio dry, ma al distributore di benzina di Oak Bluffs, uno shop in legno offre un’ampia scelta della produzione mondiale. Siamo salvi. 😉

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L’isola ha una storia insolita, scoperta dai Vichinghi intorno all’anno 1.000 e riscoperta da Verrazzano nel 1524, deve il suo nome alla mamma dello scopritore inglese Gosnold (storicamente solo il terzo, se escludiamo gli Indiani Wampanoag autoctoni che la utilizzavano da sempre) ed all’uva che cresceva abbondante. 😉

Se volete approfondire la storia cliccate qui.

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Fino alla scoperta del petrolio in Pensylvania era, insieme a Nantucket dove è ambientato Moby-Dick, il porto principale delle baleniere.

Pensate che questa industria, ormai da abbandonare, viveva principalmente per la produzione di olio per illuminazione. Abbiamo nei secoli distrutto mezzo pianeta per ignoranza e futili motivi economici? 😦

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La ferrovia arriva fino a Woods Hole nel 1872 e l’isola diventa una meta turistica di primo livello. Addirittura viene costruita una strada ferrata pure sull’isola, per ridurre la quantità di escrementi di cavallo dovuti alle innumerevoli carrozze che scorrazzavano sulla strada fino ad Edgarton.

Ancora oggi l’isoletta ospita più di 100.000 persone nella bella stagione contro i 15.000 invernali.

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L’isolotto a ovest era occupato dalla tribù dei Chappaquiddic, ora solo da dimore extralusso come quella dei Kennedy. Qui sul ponte pedonale nel ’69 l’incidente mortale della segretaria di Ted Kennedy, qui di fronte la caduta dell’aereo di John Fitzgerald Kennedy Junior nel ’99.

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Il mare è freddino, ma il calore del sole ci permette qualche vigoroso bagno salutare. Anche se Spielberg girò nel 1974, qui sulla spiaggia davanti a casa, il famosissimo film Jaws non abbiamo paura degli squali. Ormai ce li siamo mangiati quasi tutti. 😉

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Ci sarebbe stato pure un gallinaceo della famiglia dei tacchini, Heath Hen uno di quelli che probabilmente finì sulla mensa dei padri pellegrini. Peccato perchè si sono mangiati l’ultimo nel 1932.

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In questa isola sono venuti in vacanza tanti, oltre a noi, 😉 il Gotha della politica americana democratica, compresi i Clinton e gli Obama, attori e Musicisti Dan Akroyd, John Belushi sepolto qui, Bill Murray, James Taylor, Carly Simon, Quincy Jones, Meg Ryan, Spike Lee, scrittori giornalisti David Letterman, Walter Cronkite, ecc, ecc, ecc. Insomma qui potete incontrare quasi tutti quelli che contano negli states.

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Ville lussuose fanno bella mostra ovunque. Qui ce ne sono pure 312 piccolissime chiamate Gingerbread Cottages coloratissime e merlettate. Sono il ricordo del Methodist Revival Meeting che ogni anno riuniva migliaia di fedeli in un accampamento di festività religiose.

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La middle class afroamericana di Boston dal primo novecento aveva costruito qui la casa di vacanza ed ospitava personalità del mondo di colore per la pausa estiva.

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Si ovviamente ci sono i ristoranti, anche di ottimo livello (e prezzo) ma senza qualche cima che ci attiri particolarmente. L’isola ha la sua produzione di ortaggi e ospita anche una fiera agricola (oltre che un festival del cinema). Ma la vera specialità sono gli astici.

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Per mangiare l’astice (qui si chiamano tutte lobster) migliore non serve il ristorante di lusso. Sì, belle tovaglie di Fiandra, piatti di porcellana e posate d’argento, ma cosa ne dite del nostro ristorante preferito, direttamente nel porto dove arrivano i pescatori con le nasse piene di supercrostacei?

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I ristoranti acquistano solo gli astici da una o due libbre e quindi gli animaletti piccoli costano una sacco di dollari, per l’alta domanda stagionale. Se vi aggrada una scorpacciata, la pezzatura migliore è quella intorno ai 3 Kg, giusto un paio di porzioni.

Slurp 😎

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Il nostro risto preferito però non ha tavoli e sedie e ci dobbiamo arrangiare con un paio di cassette di legno. L’animale viene cotto a vapore e consegnato caldo rivestito di stagnola in un’elegante confezione da asporto (aka sacchetto di plastica). 😉

Conoscendo la fornitura della cantina, al massimo Pepsi Cola, ci siamo premuniti con una bottiglia di Cordon Rouge ghiacciato. 😀

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Emma ci ha promesso un dolce per stasera e la mattina passiamo a rastrello tutti i negozi per trovare la farina giusta per la realizzazione magistrale di una delle sue ricette segrete. Le conserva in un calepino tascabile da cui non si separa mai. Denise risolve la situazione trovando la giusta farina manitoba dal pasticcere locale. 😉

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Sono quasi le sette ed Emma si accorge che in casa non c’è lo zucchero a velo, tragedia per un pasticcere provetto. Juan corre al villaggio e riesce a infilarsi sotto la saracinesca dello store prima che chiudano. Per questa sera siamo salvi. 😀

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La torta preferita di Ram, quella di limone e zenzero è assicurata.

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Le nostre cene alla tavola in mogano massiccio sono tutte da ricordare, i frutti dell’isola non ci deludono mai. Una sera, dopo qualche bicchierozzo di vino, Daniel abbandona il suo stretto parigino e si lancia in un intero discorso in INGLESE.

Potenza del cibo o del vino? Ai posteri l’ardua sentenza. 😀

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Quando fa caldo organizziamo un buffet sulla terrazza fronte casa, i vicini che passano ci augurano buon party, ma noi mangiamo così tutti i giorni!

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Il simbolo di Martha’s, la silouette del labrador nero, deriva dalla Black Dog Tavern il locale che la leggenda vuole abbia aperto il Capitano Douglas per nutrire i marinai affamati.

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Non potete lasciare l’isola senza un cappellino, maglietta, ciondolo o bandana che ne porti l’effige distintiva. Non tanto per far invidia a chi non c’è mai stato, ma per ricordarvi la favolosa clam chowder che ancora oggi servono.

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Duro peregrinare per l’isola visitando tutti questi posti storici, ogni tanto dobbiamo fermarci per qualche aperitivo a base di ostriche e vino bianco. 😎

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Vabbe la sera ci facciamo una partitina a biliardo. 😉

Non vi è venuta voglia di arrivare fino a qui?

Arrivederci alla prossima.

21 – uffa ancora New York

Estate 2007

Uffa a chi? Se ci piace la grande mela cosa possiamo farci? Poi questo è più un precambio che un cambio. Il fatto è che abbiamo concluso per 15 gg a Martha’s Vineyard che sarebbe il prossimo scambio il 22. Visto che passiamo l’Atlantico ci fermiamo una settimanina estiva anche in città. 😉

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Un appartamento molto carino e ben curato  sulla 3th Street tra la A e la B, piano terra, di proprietà di Felix un noto blogger che lavora per Reuters. Nel soggiorno, pezzi di arte moderna e addirittura un Dan Flavin gioca con la luce. In Italia visiteranno la sua mostra a Villa Panza a Varese.

Vengono con noi mia cognata Elisabeth con il marito Daniel.

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Questa volta ad Alphabet City. Si chiama così perchè quando i fantasiosi urbanisti, nomenclatori di strade newyorkesi, avevano finito i numeri, hanno incominciato con le lettere dell’alfabeto. 😀

Scherzi a parte, Questa città si rinnova sempre. Guardate queste immagini scattate negli anni 80.

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Due secoli fa la zona era ancora una palude e i numeri delle Avenue partivano dalla rive. Nel novecento dopo la bonifica divenne un pezzo di città, Kleinedeutschland, piccola Germania. Dal 1880 Irlandesi, Italiani ed Ebrei Sefarditi la riempirono fino a farla diventare il quartiere più popolato di Manhattan.

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Interessantissimo in Orchard street il Tennement Museum, situato in uno dei palazzi dove abitavano e lavoravano duramente i poverissimi emigrati Europei.

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Poi negli anni cinquanta arrivano nuovi poveri, i Portoricani e il quartiere diviene Nuyorican.

Ricordo negli anni ‘80 di aver attraversato la zona in macchina, senza fermarmi al semaforo rosso, mentre due bande di ragazzi si lanciava bottiglie di birra dai due lati dell’incrocio. Ora è diventato un quartiere caro e trendy, pieno di ristoranti etnici alla moda.

800px-Tompkins_Square_Park_Central_KnollD’estate fa caldo, ma si gira in short e sandali senza problemi. Qui intorno ci sono parchi e orti condivisi. Fazzoletti di terra tra le case, coltivati amorevolmente dagli abitanti in comunità. Abbiamo la fortuna di essere qui durante l’annuale festival del Jazz dedicato a Charlie Parker che qui ha vissuto gli ultimi anni della sua breve vita, vicino a Tompkins Square.

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Il festival è aperto al pubblico. Basta portarsi la sedia oppure ci si siede nell’erba. Ottima atmosfera, pubblico variegato, dalle scìure agli homeless tutti accomunati dall’amore per il jazz.

Siamo appena sopra la Houston, il nostro deli preferito Katz è solo un isolato da noi e appena più lontano i favolosi bagel al salmone di Russ & Doughter. Nella nostra via c’è pure una fabbrica di ramen, un locale Eritreo ed un ristorante Europeo. Non sapevo che esistesse pure una cucina Europea. 😀

Monique va al Metropolitan, le piace girare le mostre da sola, a suo ritmo. Ci troviamo poi dopo un paio d’ore allo shop del museo dove vado sempre a curiosare.

Giriamo a fare shopping di magliette e varie per il mare. E’ pieno di outlet ove acquistare marchi di qualità a pochi dollari. 😉

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Il nostro preferito è Marshalls e ce n’è uno pure in Avenue of Americas. Qui trovo anche i costumini da bagno che vanno bene  per la mia taglia. Le magliette, anche quelle di marca, arrivano alla 6X. 😉

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Un’altro posto che non manchiamo di visitare è Hammacher Schlemmer sulla 57. In attività dal 1848 propone articoli introvabili ovunque. Vi serve un sommergibile monoposto? Una trappola per topi musicale? Una canoa trasparente? Un cercametalli o uno schiacciapatate perpetuto?

Qui ce l’hanno, insieme ad altre mille cose utilissime che non troverete altrove. Qui davanti ho perfino incontrato un amico di lunga data, Giancarlo Magalli che vive a Roma e non vedevo da tempo, anche lui sempre curioso a caccia di idee.

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Col sole è bello girare anche i farmer’s markets come quello straconosciuto di Union square. A prezzo amatoriale (carissimo) si comprano direttamente dai produttori locali le insalatine e le black- blue- red- cran- rasp- straw- elder- goose- eccetera- berries. Tutte le bacche più o meno domestico-selvatiche si chiamano in inglese qualcosa-berries.

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Qui si trova il pane con il lievito madre in tante forme e ricette da tutto il mondo, le mele antiche e tutte le varianti di radici e foglie verdi. Se non avete l’orto a Manhattan 😀 venite qui.

Qui vicino a Union square c’è ABC carpet un classico per l’arredamento di interni così pieno di robba che non potete fare a meno di visitarlo.

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Non possiamo fare a meno di andare a trovare Sid  e Linda con cui abbiamo scambiato casa nel 2004 (scambio n°8).

Sid ci invita al torneo dell’US Open a Flushing Meadows. Monique non viene e rimane a chiacchierare con le ragazze al mare. Io mi informo sul dress code e Sid mi rassicura, ci si veste come quando si va a giocare a tennis.

Lui gioca a tennis con una vecchia Lacoste nera veramente vintage che fa inorridire Linda, short multitasche, Nike e calzettoni arrossati dalla terra battuta. In verità il pubblico è piuttosto elegante ma lui se ne frega. 😀

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Cominciamo a dire che Sid, invece di parcheggiare a due chilometri dallo stadio, mi porta addirittura dentro il recinto dell’Arthur Ashe, lo stadio principale, dove il suo studio ha un palco da sei posti riservato. 😉

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Quarti di finale, Federer – Đoković. Atmosfera super, vista spettacolare. Ci saranno ventimila persone e al servizio non vola una mosca.

Vince Federer e un paio di giorni dopo bixerà vincendo il titolo. Allo stadio si mangia nei palchetti e moltissimi fanno la coda per i costosissimi hot- dog che per strada in città costano un dollaro e qui nove!

Noi invece abbiamo un elegante sacchetto di plastica da supermercato (understatement) con enormi gustosi paninazzi kosher, pastrami e petto di tacchino affumicato con salsine varie. 😀

Un amico appassionato pescatore ci avvisa, via satellitare (sta ancora a 80 miglia dalla costa) che arriverà per cena.

Ci basta un trancio di tonno da 20 libbre per stasera?

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Beh! Cercheremo di farcelo bastare tu porta e poi vediamo. 😀

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Bella serata, siamo in una dozzina. In aggiunta alla montagna di gamberi e conchiglie ho separato la ventresca (o-toro) da mangiare cruda con poco salmoriglio per antipasto e poi il barbecue ci propina pantagrueliche fettone della parte rossa (akami) alla griglia. Dal mare allo stomaco in poche ore.

Aaah che vitaccia! 😎

New York Segreta: tre motivi per andare ad Alphabet City